Gli 8 principi della bioarchitettura

di Redazione 10

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Finora abbiamo trattato di convegni, mostre e fiere della bioarchitettura. Abbiamo illustrato come anche la Chiesa ci tenga alle costruzioni ecologiche, e alle grandi opere di architetti famosi in tutto il mondo che si dedicano alle abitazioni “verdi”. Oggi scopriamo che non ci vuole una laurea in ingegneria per rendere la propria casa ecologica, e che ognuno può costruirsi da solo la propria bioarchitettura.

Ecco a voi i principi per una bioedilizia fai-da-te.
Primo principio: salvare l’ecosistema. Costruendo una casa che si basa sul risparmio energetico, con acqua calda tutto l’anno senza caldaie né termosifoni, grazie ad un involucro altamente coibentato, vetri a sud e un sistema di ventilazione controllato che permetta una minore dispersione di calore e un azzeramento dell’utilizzo di caldaie, termosifoni e impianti di aria condizionata. Il costo iniziale può essere fino a un quarto in più di quello delle normali case, ma questo poi verrà ammortizzato col tempo, grazie al risparmio appunto sul riscaldamento (che ogni anno diventa sempre più caro).


Secondo: impiegare risorse naturali. Una casa di legno dura quanto una di mattoni, ma danneggia meno la salute (permette una maggior traspirazione dei materiali), e costa meno. Non per altro in America la maggior parte delle abitazioni fuori città sono fatte così. Inoltre per ottenere energia elettrica si potrebbero usare pannelli solari o involucri termici puntati a Sud con vetri isolanti che non permettono al calore di disperdersi.

Terzo: ottimizzare il rapporto edificio-ambiente. Per far questo non bisogna ricorrere ad un esperto di feng shui, anche se i suoi principi possono aiutare. Infatti quest’antica arte cinese individua il terreno migliore su cui costruire la casa, la posizione da adottare e in cui bisognerà poi sistemare i mobili, perchè si crei minor disagio al paesaggio, senza arrivare a condizionamenti della serenità o del destino che predicano le discipline orientali.

Quarto (e più importante): non causare emissioni dannose. Utilizzando sistemi naturali si riducono o addirittura si azzerano emissioni dannose (pensate soltanto alle emissioni delle caldaie). Si riduce così ad esempio il CO2, e facendo la raccolta differenziata, si riduce anche l’immondizia.

Quinto: impiego di energie rinnovabili. Non solo fotovoltaico, ma anche geotermico, eolico, e per chi abita vicino ai corsi d’acqua, anche le maree e il moto ondoso. A livello più ampio si può utilizzare anche l’energia provocata dalla combustione delle biomasse.

Sesto: concepire edifici flessibili. Non significa che si deve piegare al vento, ma che sia un edificio sul quale c’è molta più facilità di intervento sulle infrastrutture, sulla capacità di sostituire gli impianti, ecc.

Settimo: utilizzare materiali e tecniche ecocompatibili. Questo significa usare materiali appartenenti alla cultura materiale locale (un esempio sono i trulli di Alberobello, costruiti interamente con la pietra che si trova solo in quelle zone). Bisogna puntare sui materiali locali perchè più facilmente adattabili all’ambiente, oltre che meno onerosi per chi li utilizza per la riduzione dei costi (e dell’inquinamento) dovuti al trasporto.

Ottavo e ultimo principio di bioarchitettura: privilegiare la qualità della vita ed il benessere psico-fisico dell’uomo. Il colore della casa e dei suoi interni, l’utilizzo di risorse naturali che ben si intonano con l’esigenza di benessere dell’individuo rappresentano il primo passo verso una cultura ambientale dove un utilizzo razionale e consapevole delle risorse permette l’integrazione dell’uomo con la natura e il rispetto dell’ambiente che ci circonda. E poi la consapevolezza di far bene all’ambiente ci fa vivere tutti più sereni.

Commenti (10)

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